microbiota gastrico

Il microbiota gastrico, cos’è?

Abbiamo parlato più volte del microbiota intestinale e del ruolo che esso svolge nel mantenere in salute il nostro organismo. Vogliamo ora parlare dell’importanza del microbiota gastrico e della sua funzione.


Così come lo stato di disbiosi intestinale può essere pericoloso per la nostra salute, allo stesso modo è fondamentale mantenere un equilibrio eubiotico nel tratto gastrico.


Il microbiota gastrico, cos’è?


Per microbiota si intende la popolazione di tutti i microrganismi che popolano un determinato ambiente, in un determinato momento. Dunque, per microbiota gastrico si intende l’insieme dei microrganismi che popolano il tratto gastrico.


Lo stomaco è abitato da diverse specie microbiche e, quando ci si trova in uno stato di disbiosi, il ruolo di queste specie può essere collegato all’insorgenza di patologie gastrointestinali, tra cui malattie infiammatorie o gravi patologie dell’apparato digerente.


Contrariamente a quanto si pensasse anni fa, lo stomaco non è un ambiente sterile. Solo quando, nel 1983, è stato scoperto l’Helicobacter Pylori, gli scienziati si sono resi conto che i batteri popolano anche il nostro stomaco. 


Qual è la differenza con il microbiota intestinale?


Il microbiota gastrico, rispetto a quello intestinale, presenta una minore concentrazione di microrganismi e una diversificazione minore di batteri.


A causa del basso pH (circa 1.4) l’ambiente gastrico è particolarmente difficile da colonizzare e per questo motivo la carica microbica è molto più bassa rispetto al colon e al piccolo intestino.


Possiamo dire che la differenza sostanziale tra il microbiota gastrico e quello intestinale è questa. Infatti, anche qui lo stato di disbiosi gioca un ruolo chiave nell’insorgenza di malattie e patologie.  


Patologie

La distruzione del microbiota gastrico è uno dei trigger di diverse malattie dell’apparato digerente. Ad esempio, nel caso di atrofia gastrica, la barriera acida dello stomaco diminuisce e ciò permette che molti microbi (diversi rispetto a quelli solitamente presenti nel tratto gastrico) intacchino l’organo e il suo funzionamento.


Diversi studi sottolineano che è proprio lo stato di disbiosi a creare la situazione ottimale affinché batteri nocivi determinino un danno istologico, portando anche all’insorgere di patologie come la metaplasia e l’atrofia gastrica.


Ecco quindi che diventa sempre più evidente il possibile ruolo del microbiota gastrico.

microbiota cutaneo

Come guariscono le ferite? Quale ruolo gioca il microbiota cutaneo?


Come guariscono le ferite e quale ruolo ha il microbiota cutaneo? Il processo di guarigione delle ferite è davvero sorprendente: il nostro corpo reagisce ad ogni lesione in modo meticoloso e complicato.

Pensiamo ad una bruciatura e ad una ferita: i processi di guarigione sono differenti, eppure il risultato finale è il medesimo.


A prendersi cura del nostro corpo concorrono moltissimi fattori e processi che vengono innescati dall’organismo stesso, ma come guariscono le ferite?


Come guariscono le ferite?


Gli studiosi concordano nel riconoscere che vi sono quattro fasi nel processo di guarigione della ferita. Nonostante queste fasi non siano sequenziali (si possono sovrapporre in alcuni momenti), sono sempre precedute da una fase preliminare, quella emostatica.


Il processo di guarigione delle ferite porta alla formazione di un tessuto di natura connettivale, la cicatrice, che ha la funzione di “riempire” la perdita di sangue e la lesione della cute causata dalla ferita.


EMOSTASI – Questa è la fase iniziale, quella in cui l’organismo risponde localmente all’emorragia provocata dalla ferita. Infatti, quando ci tagliamo e i nostri vasi sanguigni si rompono, i trombociti intervengono e attivano i fattori tissutali della coagulazione.
Quindi, questa prima fase si presenta con la formazione di un coagulo in cui gli elementi corpuscolari del sangue rimangono imprigionati. In questo modo si arresta momentaneamente l’emorragia della ferita.


FASE INFIAMMATORIA – In questa seconda fase, avviene una vera e propria risposta immunitaria: con il trauma che la pelle ha subito, potrebbero essere entrati in circolazione nel nostro corpo anche agenti patogeni.

Dunque, nella fase infiammatoria, vediamo una risposta dell’organismo agli agenti patogeni, che vengono fagocitati da agenti macrofagi che, assieme ai granulociti neutrofili, provvedono alla detersione della ferita. La reazione infiammatoria inizia immediatamente dopo il trauma e dura qualche giorno, può portare pizzicore e eritemi.


FASE PROLIFERATIVAIl coagulo di sangue formatosi durante la fase emostatica, viene ora rimpiazzato da una struttura più solida. È in questo momento che proliferano cellule di strutture epiteliali e connettivali che formeranno dapprima un tessuto detto “granulazione” e in seguito quello di epitelizzazione.

In questa fase i fibroblasti giocano un ruolo molto importante perché gettano le base per una nuova matrice extracellulare per il collagene. Stimolando la produzione di collagene, si dà maggiore forza e una struttura più salda al tessuto cicatriziale. I margini della ferita inizieranno a contrarsi fino al letto della ferita e inizierà la fase finale.


FASE DELLA MATURAZIONE – Questa fase finale può durare da 21 giorni a 2 anni a seconda del tipo di ferita e dell’organo interessato ed è caratterizzata dalla formazione della cicatrice.


Quale ruolo gioca il microbiota cutaneo?


Come abbiamo avuto modo di approfondire nell’articolo relativo al microbiota cutaneo, il dermobiota svolge una doppia funzione protettiva.


Da una parte è una barriera fisica, dall’altra è una barriera immunologica, che ostacola lo sviluppo di batteri nocivi, generando un ambiente ostile al loro sviluppo e proliferazione. Come svolge questa funzione? Tramite l’attività di degradazione dei lipidi della superficie cutanea.


Ecco perché mantenere una composizione equilibrata del microbiota cutaneo è fondamentale per evitare che batteri indesiderati poliferino.


Quando la pelle viene lesionata, alcune cellule immunitarie producono una molecola infiammatoria che non fa altro che reclutare cellule dendritiche plasmocitoidi, cellule immunitarie. Queste ultime si accumulano a livello della ferita solo dopo essere entrate in contatto con il microbiota cutaneo, favorendo così il processo di guarigione della ferita stessa.


Il microbiota cutaneo potrebbe quindi essere utilizzato per sviluppare nuove strategie terapeutiche che migliorino la guarigione delle ferite senza correre il pericolo di abusare di antibiotici e antisettici.

microbioma della pelle

Microbioma della pelle

Cos’è il microbioma della pelle? Quali sono le sue caratteristiche?

La pelle di una persona adulta ha una superficie di circa 1.8 metri quadrati e rappresenta un vero e proprio ecosistema


La nostra pelle, infatti, possiede una popolazione di microbiotica particolarmente complessa, anche grazie al fatto che il nostro corpo non è una tavola piatta, ma ha una conformazione fatta di pieghe e nicchie nelle quali vivono diversi microrganismi.


Per renderci conto meglio di cosa stiamo parlando, possiamo dire che ogni centimetro quadrato della superficie cutanea è popolato da più di un milione di microrganismi, di almeno 100 specie differenti. 


Cos’è il microbioma della pelle?

Il microbioma della pelle è definito anche “microbiota cutaneo” o “dermobiota”, non è altro che l’insieme di microrganismi (comprendenti batteri, funghi, virus e acari) che vivono in perfetta simbiosi con il nostro organismo, comunicando e interagendo con il nostro sistema immunitario.


Questa perfetta interazione permette al nostro sistema immunitario di evolversi e svilupparsi. 


Il microbioma della pelle è un vero e proprio biofilm microbico che ricopre la nostra pelle. Viene trasmesso a ognuno di noi al momento del parto, quindi la sua composizione è diversa a seconda della modalità del parto stesso. 


In che senso?  Con un parto naturale la madre trasferisce tutto il microbiota cutaneo al figlio e quindi i bambini acquisiscono le comunità batteriche simili al microbiota vaginale materno. Invece, i bambini nati con parto cesareo presentano un dermobiota influenzato dall’ambiente circostante, quindi più simile a quello delle persone che hanno assistito al parto.


Qual è la sua funzione?


Il microbiota cutaneo svolge una doppia funzione protettiva: da una parte è una barriera fisica, dall’altra è una barriera immunologica, che ostacola lo sviluppo di batteri nocivi. Quest’ultima caratteristica è assai interessante, perché il dermobiota ostacola la proliferazione di batteri nocivi generando un ambiente ostile al loro sviluppo e per farlo sfrutta i processi di degradazione dei lipidi della sua superficie.


Ecco perché, per evitare la colonizzazione di batteri indesiderati, è importante mantenere equilibrata la composizione del microbioma della pelle. Nel momento in cui questo equilibrio si dovesse spezzare, inizierebbero a comparire problemi infiammatori, infezioni, allergie o malattie autoimmuni.


Che conclusioni si possono trarre?


La pelle è sempre stata considerata la prima barriera protettiva del nostro organismo, un vero e proprio strato che ci permette di venire a contatto (e proteggerci) dall’ambiente circostante.

Solo recentemente gli studiosi hanno iniziato a studiare la composizione del microbiota. Diverse ricerche hanno evidenziato che il microbiota della pelle è particolarmente complesso, perché determinato da microbiotipi cutanei che variano a seconda dell’ambiente in cui si vive e delle abitudini delle persone. 

microbiota e colesterolo

Microbiota e colesterolo, un binomio da scoprire

Esiste una correlazione tra microbiota e colesterolo?

Ormai è scientificamente provato che le alterazioni che si manifestano nel microbiota hanno ripercussioni su tutto l’organismo, dunque appare logico ritenere che la composizione del microbiota possa intervenire nel processi di produzione del colesterolo.


Nel 2017 alcuni ricercatori dell’Università di Shandond (Cina) hanno compiuto delle ricerche per indagare quale sia il ruolo del colesterolo e del metabolismo nel modificare la biodiversità del microbiota intestinale.


Associando una dieta ad alto indice di colesterolo con alterazioni genetiche nella sua via metabolica hanno notato che esiste un rapporto di causalità e correlazione tra i disordini dell’apparato e della trasformazione del colesterolo esogeno (proveniente dalla dieta) ed endogeno (prodotto dall’organismo) e lo status del microbiota intestinale.

Ad oggi, dunque, ci sono molte evidenze che confermano gli effetti del microbiota nel metabolismo del colesterolo. Ma il colesterolo può impattare la composizione del microbiota?


Alti livelli di colesterolo possono influenzare la composizione del microbiota?


Sì, diversi studi sembrano dimostrare che una dieta ad alto tasso di colesterolo riduce il numero delle specie batteriche che fisiologicamente compongono il microbiota.


Infatti, la dieta gioca un ruolo importante nel determinare un cambiamento del microbiota intestinale. Allo stesso tempo, disordini alimentari e metabolici possono portare una modifica del microbioma anche se si deve ancora approfondire il ruolo che le abitudini alimentari hanno nel determinare la biodiversità del microbioma intestinale, specialmente in funzione del loro apporto lipidico.


Microbiota e colesterolo: alcuni batteri convertono il colesterolo rendendolo non assimilabile


La possibilità di manipolare la componente batterica per controllare il colesterolo sembra essere ormai una valida e innovativa strategia terapeutica.

Ma cos’è il colesterolo?

Il colesterolo è un componente essenziale per la struttura e funzionalità cellulare, ma non deve essercene in eccesso. Quando ciò avviene, a causa di una cattiva alimentazione, o disfunzioni metaboliche, il colesterolo contribuisce a sviluppare patologie cardiovascolari.

Oggi curiamo l’ipercolesterolemia con farmaci appositi e una dieta ben calibrata, eppure ulteriori metodi possono arrivare dalla composizione del microbiota intestinale.

Infatti, alcuni ricercatori statunitensi hanno approfondito i meccanismi implicati nella conversione batterica del colesterolo.

Hanno scoperto che esistono batteri in grado di metabolizzare il colesterolo, riducendo quindi i livelli intestinali e sierici. Una scoperta che apre la strada a nuove strategie di controllo delle problematiche cardiovascolari. 

microbioma e invecchiamento

Correlazione tra microbioma e invecchiamento, qualche informazione in più


Esiste una correlazione tra microbioma e invecchiamento?


Diversi studi, svolti da ricercatori di tutto il mondo, dimostrano che la composizione del microbioma è un indicatore dell’invecchiamento.


Dopo aver analizzato un totale di più di 9mila campioni, gli studiosi hanno concluso che l’analisi del microbioma intestinale, orale e della pelle aiuta a predire l’età del soggetto sottoposto all’esame. Ciò significa che il microbioma gioca un ruolo importante nell’accelerare o frenare i processi di invecchiamento, ma anche nella sensibilità a malattie connesse a questo processo.


Dunque sì, c’è una correlazione tra composizione del microbioma e invecchiamento, prestazioni cognitive, fragilità e comorbilità.


Gli studi svolti


Prima di entrare nel vivo della questione, è bene ricordare cosa sia propriamente il microbioma umano e quale sia la sua evoluzione all’interno del nostro organismo.


Per microbioma si intende propriamente l’insieme del materiale genetico della popolazione di microbi (denominata microbiota) che vivono nel nostro organismo e sulla sua superficie.


Così come ognuno di noi vive diversi cambiamenti nell’arco della propria vita, anche il microbioma cambia insieme a noi, modificandosi, evolvendosi e, eventualmente, anche deteriorandosi. 


Durante i primi tre anni di vita il microbioma cambia rapidamente, per poi vedere un periodo di stabilità durante la fase dell’età adulta, ad eccezioni di particolari condizioni di disbiosi. Quando si invecchia, l’intestino vive un’inversione del rapporto tra alcuni batteri: aumentano le specie di batteri che producono butirrato (una molecola che regola le infiammazioni), così come aumentano i livelli di Akkermansia Muciniphila (un batterio che altera la barriera intestinale), mentre diminuiscono i bifidobatteri (microbi alleati della salute).


Si nota subito, quindi, come i processi di invecchiamento vengano notevolmente influenzati dalla composizione del microbioma, tanto che fenomeni spiacevoli tipici dell’età anziana, come la degenerazione del sistema nervoso, alterazione della motilità intestinale, riduzione della barriera intestinale, ma anche osteoporosi, diabete malattie cardiovascolari, demenze e tumori siano causate dall’alterazione del microbiota.


L’intestino custodisce i segni della longevità.


La longevità è un tratto complesso in cui giocano un ruolo chiave la genetica, l’ambiente e il caso. Influenzando molteplici aspetti della fisiologia umana, come il corretto funzionamento del sistema immunitario e del metabolismo energetico, il microbiota intestinale può rappresentare un tassello importante nel definire come e quanto un essere umano può invecchiare mantenendosi in buona salute” afferma Elena Biagi, ricercatrice UniBo.


Analizzando il microbiota di gruppi di soggetti con età differenti (tra i 20 e i 50 anni, tra i 65 ed i 75 anni, tra i 99 ed i 104 anni, tra i 105 e 110 anni), è emersa l’esistenza di quella che viene denominata come “porzione fissa” dell’ecosistema intestinale, composta da microrganismi associati allo stato di salute e produttrici di molecole utili al nostro organismo.


Con l’avanzare dell’età la quantità complessiva di questi particolari microrganismi “buoni” diminuisce, cosa che non accade quando si prende in considerazione l’organismo degli individui longevi ed estremamente longevi.


Cosa ancora più particolare è il fatto che il microbiota intestinale dei centenari mostri i segni di una proliferazione di microrganismi antinfiammatori, immunomodulanti e promotori della salute dell’intestino. È questo un sintomo del fatto che il nostro ecosistema si adatta ai cambiamenti fisiologici che avvengono con l’avanzare dell’età, potendo quindi mantenere uno stato di salute anche in età molto avanzata.


Cosa influenza il microbiota intestinale negli anziani?


Ci sono diversi fattori che possono influenzare la composizione del microbiota intestinale, tra queste troviamo fattori genetici, come la razza di appartenenza dell’individuo, ma anche fattori legati alle abitudini quotidiane, come fumare e fare uso di droghe, ma l’avere una vita poco attiva, una dieta sbagliata e non equilibrata.


Vogliamo soffermarci proprio su quest’ultimo fattore: è ormai dimostrato il legame che intercorre tra la composizione del microbiota intestinale e una dieta sana e diversificata. Avere una dieta monotona e poco diversificata è legata ad una diminuzione della diversità del microbiota intestinale, che porta ad una maggiore fragilità dell’organismo, all’aumento dei marcatori infiammatori fino a evidenziare parametri di salute ormai compromessi.


Conclusione: c’è una correlazione tra microbioma e invecchiamento


Questi studi aprono la strada a nuove ricerche sul ruolo del microbioma nell’accelerare o nel frenare il processo di invecchiamento. Appare chiaro che riuscire a modulare il microbiota intestinale potrebbe aiutare a facilitare il processo di invecchiamento fisiologico e non patologico.

allergie e microbioma

Allergie e microbioma, c’è un legame?

Sempre più studiosi si interrogano se vi sia un legame tra allergie e microbioma.

È ormai risaputo che la flora batterica intestinale influenza diverse funzioni dell’organismo, anche quelle che sembrano apparentemente indipendenti.
Tra di esse vi è anche il sistema immunitario, che viene influenzato dalla condizione di eubiosi e disbiosi del microbiota intestinale.


Risulta sempre più ovvio, quindi, che anche lo sviluppo di patologie allergiche sia strettamente collegato alla funzione del microbiota.

Allergie e microbioma


Al giorno d’oggi non sono ancora certe le cause scatenanti le allergie: fattori genetici, predisposizione personale, agenti esterni come inquinamento o alimentazione.

La teoria che ha più preso piede tra gli studiosi è la cosiddetta “teoria dell’igiene”, secondo cui alla base dello sviluppo allergico c’è la ridotta esposizione dell’organismo ad agenti infettivi.


Crescendo per i primi anni di vita in un ambiente sterile, i bambini non vengono a contatto con bacilli e, nel momento in cui vi entrano in contatto, il sistema immunitario non è preparato. Questo fattore può portare ad una maggiore insorgenza di allergie, proprio perché l’organismo non è in grado di combatterle.


Questa teoria, basata su evidenze sperimentali, porta a ipotizzare che ripristinando una flora intestinale adeguata si possa prevenire la reazione allergica o ridurne l’intensità.


Cosa sono le allergie?


L’allergia è un semplice meccanismo di difesa del nostro organismo.

Nel momento in cui entriamo a contatto con elementi di cui siamo allergici, il nostro corpo li riconosce come nocivi per la nostra salute e cerca di eliminarli in tutti i modi.

Le allergie sono di fatto una reazione eccessiva del nostro sistema immunitario verso sostanze che sono in realtà innocue.


Allergie infantili


Negli ultimi decenni si nota in ambito medico, un aumento dei casi di asma infantile, come mai?


Diversi studi hanno dimostrato che i neonati a rischio di asma infantile presentano squilibri particolari del microbiota intestinale e livelli più alti di un determinato metabolita.

Le ricerche suggeriscono che la composizione batterica giochi un ruolo importante nella sensibilità verso determinati allergeni, eppure le ricerche non sono ancora giunte al dunque. Sembra, infatti, che anche altri prodotti derivati dai microbi contribuiscono ad aumentare il rischio di allergie infantili.


Allergie cutanee


Tra le varie tipologie di allergie, quelle cutanee sono tra quelle più comuni. Una patologia fastidiosa e potenzialmente pericolosa che molti studi stanno cercando di comprendere appieno. Infatti, i meccanismi alla base delle allergie non sono ancora del tutto chiari: ciò che è certo è che la disbiosi intestinale gioca un ruolo chiave in questa tipologia di allergie.


È stato osservato come alcuni soggetti allergici presentino alterazioni della componente batterica intestinale, con conseguente aumento della permeabilità intestinale, dei processi infiammatori e della suscettibilità a dermatiti allergiche da contatto.


Ecco un’ulteriore evidenza a supporto del ruolo del microbiota intestinale nello sviluppo delle allergie: in futuro, tramite la manipolazione della componente batterica, sarà possibile studiare strategie terapeutiche alternative rispetto agli antistaminici.

microbioma intestinale e dissenteria del viaggiatore

Microbiota intestinale e dissenteria del viaggiatore

La dissenteria del viaggiatore ha rovinato le vostre vacanze estive? Conoscere questa patologia è la soluzione migliore per prevenirla e, eventualmente, affrontarla al meglio.


Quando organizziamo un viaggio, scegliamo la meta, cosa portare in valigia, prenotiamo gli alloggi e siamo pronti a partire eppure, non sempre ci rendiamo conto che viaggiare può essere uno stress per il nostro corpo.


Cosa significa? I casi di dissenteria tendono ad aumentare durante l’estate a causa dei cambiamenti climatici, del cambio di alimentazione e delle diverse abitudini quotidiane.


FORTIFICA IL MICROBIOTA


Quando si manifesta la diarrea del viaggiatore? Quando entriamo in contatto con nuovi batteri che alterano il nostro equilibrio intestinale.


Il microbiota intestinale è una potente barriera difensiva contro le infezioni, a patto che ci si trovi in una condizione di Eubiosi. Se il nostro microbiota è “forte” e si trova in equilibrio riesce a contrastare i batteri esterni che assumiamo inconsapevolmente, impedendo quindi il manifestarsi di spiacevoli inconvenienti.


La diarrea è infatti la risposta immediata del nostro organismo che, avendo riscontrato la presenza di batteri nocivi, li elimina il più velocemente possibile.


COME PREVENIRE LA DISSENTERIA DEL VIAGGIATORE?


Esistono piccoli accorgimenti che è possibile prendere in considerazione.


In generale è bene evitare di bere acqua dal rubinetto, scegliete acqua imbottigliata, con cui lavare anche frutta e verdura. Un buon consiglio è quello di evitare il ghiaccio. Questo, infatti potrebbe essere stato realizzato con acqua corrente e portare quindi alcuni batteri nocivi.


Sbucciare la frutta è un altro buon metodo per evitare la dissenteria del viaggiatore, poiché eliminando la buccia si elimineranno sia i batteri che vi si trovano sopra, sia quelli che potrebbero esserci a causa del lavaggio con acqua non di bottiglia.


Evitare gli alimenti crudi, come carne, pesce o uova. Al tempo stesso, se siete delicati di stomaco non mangiate piatti molto speziati o troppo conditi.

Infine, fiumi, laghi, e piscine sono da frequentare solo se siete sicuri che abbiano condizioni igieniche adeguate.


COME COMBATTERLA?


Nonostante tutti questi accorgimenti può capitare, però, di essere colpiti da questa fastidiosa condizione. Come possiamo quindi combatterla?

Innanzitutto, reintegrate i liquidi persi bevendo almeno due litri di acqua al giorno, ancora meglio se avete a disposizione Sali Minerali da aggiungere all’acqua.

Fate attenzione alla vostra alimentazione, ciò significa scegliere cibi leggeri senza condimenti. Ad esempio evitate insaccati, latticini, fritti e grassi. Scegliete piatti cotti alla griglia, in padella o al vapore e optate per riso, pane, tuberi e pesci e carni magre ben cotte.  

Inoltre, una parola chiave è: reintegrazione probiotica.

microbioma intestinale e alimentazione

Microbioma intestinale e alimentazione

Negli ultimi anni si sente spesso parlare di microbioma intestinale e alimentazione, ma poco si sa di questa correlazione così importante per il nostro organismo.


Non tutti, infatti, sanno che il microbioma intestinale gioca un ruolo fondamentale nel combattere malattie intestinali croniche e disturbi dell’apparato digestivo.


Gli ultimi studi in campo medico, hanno dimostrato che prendersi cura della propria alimentazione quotidiana, influenza positivamente la composizione del microbioma intestinale.


Cos’è il microbioma intestinale?


Prima di tutto, è bene capire cos’è il microbioma intestinale e conoscere quale ruolo svolge.


La sua funzione è così importante per il nostro benessere, che viene a tutti gli effetti considerato un vero e proprio organo, dato che può potenziare il nostro sistema immunitario, ridurre le infiammazioni in corso e contribuire a preservare la salute dell’intestino.


Cos’è di fatto?


È una vera e propria comunità microbica del tratto enterico, costituita da batteri, lieviti e parassiti. Quando questi elementi si trovano in uno stato di equilibrio, ci troviamo in una condizione di eubiosi, cioè di benessere generale dell’ecosistema intestinale.


Questa tipologia particolare di microbioma svolge funzioni importanti per l’organismo: di tipo metabolico (cioè sintetizza le sostanze nutritive), di tipo enzimico, di protezione e stimolo del sistema immunitario.


Relazione tra microbioma e alimentazione


Lo stato di benessere psicofisico, si sa, può essere influenzato dall’alimentazione. Piccole variazioni giornaliere possono influenzare temporaneamente il nostro organismo, mentre una dieta sbagliata può portare a conseguenze più gravi, come anticipare l’insorgenza di patologie particolari o portare ad una disbiosi cronica.


Per questo motivo vengono svolti molti studi per analizzare le diverse composizioni del microbioma intestinale e poter quindi intervenire nell’insorgenza di malattie come l’obesità, la celiachia e alcuni tipi di dermatiti.


L’alimentazione corretta


Ecco dunque che la domanda sorge spontanea: qual è l’alimentazione corretta?


Sulla base di diversi studi condotti su volontari, i ricercatori sono oggi in grado di dare delle linee guida importanti per mantenere in salute il microbioma intestinale. Una dieta ricca di cereali (meglio se integrali), legumi, pesce e frutta secca è preferibile ad un’alimentazione ricca di carne. L’assunzione di questi alimenti è infatti collegata a una ridotta presenza di batteri aerobici, che sono parzialmente dannosi per la salute, e hanno una concentrazione minore di molecole “pro-infiammatorie”.


La dieta occidentale, ricca di carne, piatti pronti e zuccheri raffinati è altamente sconsigliata perché affatica l’apparato digerente. Associare ad un’alimentazione sana il consumo di frutta e verdura è la scelta migliore, dato che questi due elementi prevengono l’insorgere di malattie infiammatorie intestinali e di patologie associate al diabete.

sonno

Il sonno è un elemento fondamentale per la salute e la qualità della vita

Marcello Romeo, MD, PhD
Docente Master in Nutrizione Umana Università degli studi di Pavia

Trascorriamo un terzo della nostra esistenza dormendo.

SISTEMA NERVOSO CENTRALE

La perdita di sonno influisce negativamente sulle nostre funzioni cerebrali: sulla memoria, sulle nostre emozioni e addirittura sulla regolazione dell’appetito.

Il sonno è fondamentale per il nostro sistema immunitario.

Senza sonno a sufficienza il sistema immune non è in grado di funzionare efficientemente per combattere le malattie.

Una buona qualità e quantità di sonno è importante per il nostro sistema endocrino: la mancanza di sonno rende infatti il corpo meno sensibile all’ormone insulina secreto dal pancreas. Questo aumenta il rischio di sviluppare malattie metaboliche: obesità e diabete.

. 1/3 della popolazione mondiale soffre d’insonnia

. 12 milioni gli italiani che soffrono d’insonnia

. l’insonnia aumenta con il progredire dell’età

. è più frequente nelle donne soprattutto in coincidenza della menopausa e oltre i 65 anni

. negli uomini il primo picco si manifesta tra i 24 e i 34 anni e il secondo picco dopo i 65 anni

Con l’avanzare dell’età aumentano i disturbi del sonno; circa il 60% delle persone sopra i 60 anni ha difficoltà a dormire.

Difficoltà ad addormentarsi, frequenti risvegli, risveglio molto precoce, l’80% dei soggetti riferisce che al risveglio non si sentono bene.

Un aspetto importante del sonno è il concetto di  SOGGETTIVITÀ.

L’insonnia non è definita dalla durata totale del sonno in senso assoluto, ma dalla condizione di “sonno disturbato” e dalla conseguente impossibilità da parte del paziente di riconoscere il sonno come “ristorativo” e capace di dare la sensazione di sentirsi riposati il giorno successivo.

Significa che il fabbisogno totale di sonno varia in genere tra le 4 e le 10 ore e dipende ovviamente da diversi fattori: dall’età, dal sesso, dal tipo di lavoro che svolgiamo, dai ritmi di vita che conduciamo.

Esiste pertanto il cosiddetto: insonne sano

Ovvero una persona che dorme 4 ore e si sveglia riposata non soffre di  insonnia, ma è semplicemente un “dormitore breve sano”.

Fattori che favoriscono l’insorgenza dell’insonnia: età, il sesso, le caratteristiche specifiche del singolo individuo.

Fattori che favoriscono il manifestarsi dell’insonnia: un lutto,  le preoccupazioni, patologie.

Fattori che rendono cronica l’insonnia: fare i cosiddetti pisolini, andare a letto subito dopo aver cenato……

Oggi la ricerca dimostra un ruolo importante del microbiota anzi dimostra che sonno e microbiota sono collegati da una relazione bidirezionale:

DISBIOSI INTESTINALE

Lo stato di disbiosi intestinale può indurre alterazioni significative della qualità e della quantità del sonno.

Ma, allo stesso modo, l’alterazione cronica della qualità e della quantità del sonno possono indurre uno stato di disbiosi intestinale.

Nell’uomo, la ricerca ha dimostrato che la perdita di  sonno può alterare la composizione del microbiota intestinale già in sole 48 ore.

Questo stato di disbiosi intestinale si accompagna a infiammazione e alterazione della permeabilità intestinale e insonnia.

Al contrario, alterazioni della qualità del sonno possono determinare alterazioni significative del microbiota comportando uno stato di disbiosi intestinale.

Migliorare la qualità del nostro sonno allo scopo di migliorare la qualità del nostro microbiota intestinale.

MIGLIORARE LA QUALITÀ DEL NOSTRO MICROBIOTA INTESTINALE

Allo scopo di migliorare la qualità del nostro sonno gli psicobiotici ovvero batteri fisiologici ad azione probiotica in grado di modulare la comunicazione bidirezionale tra cervello intestinale e cervello superiore allo scopo di migliorare il nostro sonno, ridurre l’ansia e lo stress e quindi migliorare il nostro stato di salute e di benessere generale.

Psicobiotici e asse intestino - cervello - Bromatech Milano

Gli psicobiotici: la nuova frontiera nel trattamento integrato di ansia, stress, insonnia e sindrome dell’intestino irritabile

Marcello Romeo, MD, PhD
Docente Master in Nutrizione Umana Università degli studi di Pavia

L’intestino per molto tempo è stato considerato un organo di “periferia” dell’organismo deputato a svolgere soltanto funzioni secondarie rispetto a più “nobili” attività svolte da altri organi quali ad esempio cuore e cervello.


Oggi, alla luce delle numerose evidenze scientifiche pubblicate, l’intestino viene considerato organo di fondamentale importanza nel mantenimento del nostro stato di salute e di benessere contribuendo anche alla nostra salute psichica essendo sede di un “secondo cervello”, dotato di “intelligenza e di “capacità emozionale proprie”.

Oltre 100 milioni di neuroni presenti nel ns intestino tenue che, sommati a quelli presenti a livello esofageo, stomaco ed intestino crasso, superano di gran lunga la popolazione neuronale del nostro midollo spinale.

Il nostro cervello intestinale può essere considerato un vero e proprio “centro di elaborazione dati”. Infatti, la molteplicità di neurotrasmettitori presenti nel nostro intestino suggerisce che il “linguaggio” utilizzato dai neuroni del SNE sia ricco e simile a quello del cervello nella sua complessità. Serotonina, Dopamina e Gaba vengono in parte prodotti direttamente da alcune specie batteriche presenti nel nostro microbiota intestinale.


Questo secondo cervello comunica perfettamente con il nostro cervello superiore con un complesso ed articolato sistema di comunicazione bidirezionale e tale sistema implica l’intervento di vie neurali, endocrine, immunologiche e metaboliche che riconoscono l’intervento del nostro “microbiota intestinale”.


In condizioni di buona salute, la predominanza di batteri “amici”, una barriera intestinale intatta, un’ immunità innata sana sono in grado di controllare la crescita eccessiva di batteri patogeni all’interno del nostro intestino contribuendo ad una migliore funzionalità dell’asse intestino-cervello.


In condizioni di stress e / o di malattia, la disbiosi intestinale ovvero un’alterazione del normale equilibrio del nostro microbiota, può influenzare negativamente l’intestino determinando un’inadeguata funzionalità dell’asse intestino-cervello con conseguenze importanti sulle funzioni del sistema nervoso centrale.

In condizioni di stress e / o di malattia,  infatti, l’integrità della barriera epiteliale è compromessa diventando permeabile. Ciò determina la traslocazione di batteri patogeni o loro sottoprodotti attraverso la mucosa a siti extraintestinali.

La conseguenza è l’attivazione di una esasperata risposta immunitaria sistemica caratterizzata da un aumentata produzione di mediatori proinfiammatori periferici.


Numerose evidenze scientifiche confermano il ruolo esercitato dal nostro microbiota nel modulare non soltanto la funzionalità del nostro intestino ma anche delle nostre emozioni, del nostro umore e delle nostre capacità cognitive.

Alterazioni del tono dell’umore quali ansia, depressione e sindrome bipolare ma anche malattie neurodegenerative quali la malattia di Parkinson, l’Alzheimer e la sclerosi multipla, oggi, riconoscono nella loro insorgenza l’intervento di uno stato di disbiosi intestinale con conseguente alterazione della risposta immunitaria del paziente ed uno stato infiammatorio in grado di estendersi al cervello (neuroinfiammazione).


Le ricerche sul ruolo della flora intestinale sui comportamenti umani, in particolare sull’ansia, sulle paure, sullo stress e in generale sulla nostra salute mentale,  stanno evidenziando delle nuove opportunità terapeutiche da integrare con le cure attualmente disponibili.


I ricercatori dell’Università di Cork diretti da Tedd Dinan neuroscienziato dell’Università di Cork in Irlanda, hanno, infatti, dato  l’avvio ad una nuova braca della medicinna modera: la Psicobiotica che ha come oggetto lo studio del rapporto tra flora batterica intestinale, il, cosiddetto Microbiota e la nostra salute mentale.

Nel 2013 viene, pertanto, introdotto per la prima volta in letteratura il termine psicobiotico per indicare la possibilità di utilizzare un’integrazione probiotica mirata con specifici ceppi batterici probiotici, con l’obiettivo di migliorare le funzioni cognitive, di ridurre i livelli di stress e di ansia, di migliorare il nostro umore e attenuare i sintomi della depressione e ottimizzare la qualità del nostro sonno. Con semplici parole, possiamo affermare che alcuni batteri probiotici possono essere integrati ai comuni farmaci utilizzati nella pratica clinica per migliorare la nostra salute mentale.


La possibilità di intervenire con batteri probiotici per migliorare il nostro tono dell’umore si somma alle numerose altre possibilità di intervento: i probiotici infatti stanno dimostrando di essere particolarmente utili in diverse patologie: dalla sidrome dell’intestino irritabile, alla diarrea da antibiotici, a patologie più complesse come le malattie infiammatorie croniche dell’intestino ed altre ancora.

Lactobacillus rhamnosus, Lactobacillus acidophilus e Lactobacillus reuteri, oggi, considerati psicobiotici hanno dimostrato di poter intervenire sulla nostra psiche.

Ancora una volta la ricerca conferma il ruolo dei nostri batteri intestinali nel mantenere il nostro potenziale stato di salute e di benessere e che l’assunzione di una terapia probiotica mirata può essere un ausilio utile anche per il nostro cervello e la nostra psiche oltre che per il nostro intestino.