microbiota polmonare

Microbiota Polmonare

Negli ultimi anni il microbiota è stato oggetto di diversi studi scientifici. È innegabile che la maggior parte delle ricerche si siano, però, concentrate sul microbiota intestinale, mentre solo recentemente è emersa l’importanza e l’esistenza del microbiota polmonare.

Come mai gli studi sul microbiota polmonare sono iniziati solo negli ultimi anni? 

La motivazione risiede nel fatto che a lungo si è pensato che i polmoni fossero un organo con un tessuto sterile. Ciò significa che non si credeva che all’interno vi fosse alcuna popolazione di microrganismi al loro interno.

Quando lo si studia si deve tenere in considerazione che è in parte influenzato e contaminato dal microbiota del tratto nasale, da quello orofaringeo e gastrointestinale. 

Esiste, infatti, una stretta correlazione tra il microbiota intestinale e quello polmonare. 


Quali sono i fattori che lo regolano?


Così come accade per il microbioma di altri organi, anche la composizione del microbiota polmonare dipende da diversi fattori

Tra questi dobbiamo menzionare l’immigrazione microbica (inalazione di microrganismi e microaspirazioni) e l’eliminazione microbica (che avviene attraverso tosse, starnuti, immunità innata o adattiva), ma anche condizioni di accrescimento locale (alimentazione, predisposizione naturale, concentrazione delle cellule infiammatorie). 

È proprio il bilanciamento di questi elementi a determinare la composizione del microbiota polmonare nei soggetti sani.


Microbiota polmonare e patologie


Il microbiota polmonare ha sicuramente una certa importanza nel determinare l’insorgenza di alcune malattie respiratorie, prima tra tutte l’asma.

Infatti, gli studiosi hanno osservato che la carica batterica e la biodiversità di microrganismi che risiedono nei polmoni aumentano nei pazienti affetti da determinate patologie.

Nonostante le ricerche in questo campo siano ancora agli inizi, è possibile affermare che studiare il microbiota polmonare può sicuramente aiutare a diagnosticare e identificare malattie respiratorie comuni o particolari. Ciò è possibile appunto perché, in presenza di alcune malattie, il microbioma stesso risulta alterato. 


C’è una correlazione con l’intestino?


Uno degli aspetti più interessanti di questo argomento è sicuramente l’influenza che il microbiota intestinale svolge sul quello polmonare. 

Questa correlazione è certificata dalla presenza, all’interno del microbiota polmonare, di phyla comuni a quello intestinale. I phyla predominanti nei polmoni sono i Bacteroides ed i Firmicutes, che sono anche i principali microrganismi che popolano il microbiota intestinale.

Il microbiota intestinale può influenzare il comportamento di quello polmonare, ma come? Tramite una diretta immuno-modulazione. Infatti, i due organi possono comunicare tra loro tramite la migrazione diretta di cellule immunitarie dall’intestino alle vie respiratorie. 


Conclusione


Per concludere questa breve introduzione al mondo del microbiota polmonare, è significativo sottolineare che nonostante le ricerche in questo ambito siano solo agli inizi, già possiamo aspettarci grandi risultati.

Studiare il microbiota polmonare può rendere più semplice la diagnosi di determinate patologie respiratorie, ma può anche aiutare i medici a creare terapie mirate e specifiche in base alla composizione del microbiota polmonare dei singoli pazienti. 

microbiota gastrico

Il microbiota gastrico, cos’è?

Abbiamo parlato più volte del microbiota intestinale e del ruolo che esso svolge nel mantenere in salute il nostro organismo. Vogliamo ora parlare dell’importanza del microbiota gastrico e della sua funzione.


Così come lo stato di disbiosi intestinale può essere pericoloso per la nostra salute, allo stesso modo è fondamentale mantenere un equilibrio eubiotico nel tratto gastrico.


Il microbiota gastrico, cos’è?


Per microbiota si intende la popolazione di tutti i microrganismi che popolano un determinato ambiente, in un determinato momento. Dunque, per microbiota gastrico si intende l’insieme dei microrganismi che popolano il tratto gastrico.


Lo stomaco è abitato da diverse specie microbiche e, quando ci si trova in uno stato di disbiosi, il ruolo di queste specie può essere collegato all’insorgenza di patologie gastrointestinali, tra cui malattie infiammatorie o gravi patologie dell’apparato digerente.


Contrariamente a quanto si pensasse anni fa, lo stomaco non è un ambiente sterile. Solo quando, nel 1983, è stato scoperto l’Helicobacter Pylori, gli scienziati si sono resi conto che i batteri popolano anche il nostro stomaco. 


Qual è la differenza con il microbiota intestinale?


Il microbiota gastrico, rispetto a quello intestinale, presenta una minore concentrazione di microrganismi e una diversificazione minore di batteri.


A causa del basso pH (circa 1.4) l’ambiente gastrico è particolarmente difficile da colonizzare e per questo motivo la carica microbica è molto più bassa rispetto al colon e al piccolo intestino.


Possiamo dire che la differenza sostanziale tra il microbiota gastrico e quello intestinale è questa. Infatti, anche qui lo stato di disbiosi gioca un ruolo chiave nell’insorgenza di malattie e patologie.  


Patologie

La distruzione del microbiota gastrico è uno dei trigger di diverse malattie dell’apparato digerente. Ad esempio, nel caso di atrofia gastrica, la barriera acida dello stomaco diminuisce e ciò permette che molti microbi (diversi rispetto a quelli solitamente presenti nel tratto gastrico) intacchino l’organo e il suo funzionamento.


Diversi studi sottolineano che è proprio lo stato di disbiosi a creare la situazione ottimale affinché batteri nocivi determinino un danno istologico, portando anche all’insorgere di patologie come la metaplasia e l’atrofia gastrica.


Ecco quindi che diventa sempre più evidente il possibile ruolo del microbiota gastrico.

microbiota cutaneo

Come guariscono le ferite? Quale ruolo gioca il microbiota cutaneo?


Come guariscono le ferite e quale ruolo ha il microbiota cutaneo? Il processo di guarigione delle ferite è davvero sorprendente: il nostro corpo reagisce ad ogni lesione in modo meticoloso e complicato.

Pensiamo ad una bruciatura e ad una ferita: i processi di guarigione sono differenti, eppure il risultato finale è il medesimo.


A prendersi cura del nostro corpo concorrono moltissimi fattori e processi che vengono innescati dall’organismo stesso, ma come guariscono le ferite?


Come guariscono le ferite?


Gli studiosi concordano nel riconoscere che vi sono quattro fasi nel processo di guarigione della ferita. Nonostante queste fasi non siano sequenziali (si possono sovrapporre in alcuni momenti), sono sempre precedute da una fase preliminare, quella emostatica.


Il processo di guarigione delle ferite porta alla formazione di un tessuto di natura connettivale, la cicatrice, che ha la funzione di “riempire” la perdita di sangue e la lesione della cute causata dalla ferita.


EMOSTASI – Questa è la fase iniziale, quella in cui l’organismo risponde localmente all’emorragia provocata dalla ferita. Infatti, quando ci tagliamo e i nostri vasi sanguigni si rompono, i trombociti intervengono e attivano i fattori tissutali della coagulazione.
Quindi, questa prima fase si presenta con la formazione di un coagulo in cui gli elementi corpuscolari del sangue rimangono imprigionati. In questo modo si arresta momentaneamente l’emorragia della ferita.


FASE INFIAMMATORIA – In questa seconda fase, avviene una vera e propria risposta immunitaria: con il trauma che la pelle ha subito, potrebbero essere entrati in circolazione nel nostro corpo anche agenti patogeni.

Dunque, nella fase infiammatoria, vediamo una risposta dell’organismo agli agenti patogeni, che vengono fagocitati da agenti macrofagi che, assieme ai granulociti neutrofili, provvedono alla detersione della ferita. La reazione infiammatoria inizia immediatamente dopo il trauma e dura qualche giorno, può portare pizzicore e eritemi.


FASE PROLIFERATIVAIl coagulo di sangue formatosi durante la fase emostatica, viene ora rimpiazzato da una struttura più solida. È in questo momento che proliferano cellule di strutture epiteliali e connettivali che formeranno dapprima un tessuto detto “granulazione” e in seguito quello di epitelizzazione.

In questa fase i fibroblasti giocano un ruolo molto importante perché gettano le base per una nuova matrice extracellulare per il collagene. Stimolando la produzione di collagene, si dà maggiore forza e una struttura più salda al tessuto cicatriziale. I margini della ferita inizieranno a contrarsi fino al letto della ferita e inizierà la fase finale.


FASE DELLA MATURAZIONE – Questa fase finale può durare da 21 giorni a 2 anni a seconda del tipo di ferita e dell’organo interessato ed è caratterizzata dalla formazione della cicatrice.


Quale ruolo gioca il microbiota cutaneo?


Come abbiamo avuto modo di approfondire nell’articolo relativo al microbiota cutaneo, il dermobiota svolge una doppia funzione protettiva.


Da una parte è una barriera fisica, dall’altra è una barriera immunologica, che ostacola lo sviluppo di batteri nocivi, generando un ambiente ostile al loro sviluppo e proliferazione. Come svolge questa funzione? Tramite l’attività di degradazione dei lipidi della superficie cutanea.


Ecco perché mantenere una composizione equilibrata del microbiota cutaneo è fondamentale per evitare che batteri indesiderati poliferino.


Quando la pelle viene lesionata, alcune cellule immunitarie producono una molecola infiammatoria che non fa altro che reclutare cellule dendritiche plasmocitoidi, cellule immunitarie. Queste ultime si accumulano a livello della ferita solo dopo essere entrate in contatto con il microbiota cutaneo, favorendo così il processo di guarigione della ferita stessa.


Il microbiota cutaneo potrebbe quindi essere utilizzato per sviluppare nuove strategie terapeutiche che migliorino la guarigione delle ferite senza correre il pericolo di abusare di antibiotici e antisettici.